L’ultima domenica di aprile, sul Corno Grande del Gran Sasso, è stata sfiorata una tragedia. Nel primo pomeriggio di una giornata caldissima, il Soccorso Alpino ha dovuto evacuare tre alpinisti investiti da una valanga nel canalone Bissolati, e soltanto uno di loro è stato ricoverato in ospedale. Altri, alla stessa ora, sono stati evacuati in elicottero dai 2912 metri della vetta, per evitare che scendessero su terreno pericoloso ed esposto a nuove valanghe.

I distacchi di neve, che hanno interessato anche la Direttissima e i canaloni Moriggia-Acitelli e del Tempio, si sono verificati intorno alle 13. Un’ora alla quale, in una giornata di neve abbondante e di caldo (lo zero termico nella notte era stato ben oltre i 3000 metri), sarebbe buona regola essere tornati già da tempo alla base. Sul Corno Grande, invece, c’erano altri alpinisti partita troppo tardi. Molti di loro erano vestiti ed equipaggiati in modo sbagliato. Nessuno di loro, immaginiamo, aveva consultato i bollettini meteo e delle valanghe.

“Non se ne sono accorti in molti, ma ieri si è rischiata una tragedia molto grave” mi ha detto lunedì 29 aprile Daniele Perilli, responsabile per l’Abruzzo del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, in un’intervista che che è uscita il giorno dopo sulle pagine regionali del Messaggero.

“A bocce ferme e felice che tutto sia andato bene, continuo a chiedermi com’è possibile che domenica tutta quella gente fosse in un posto dove si sono staccate 10 valanghe spontanee?” ha scritto nelle stesse ore, sulla sua pagina Facebook, Arnaldo Di Crescenzo, accompagnatore di media montagna e tecnico di elisoccorso del CNSAS.

Come tutti sanno ad aprile, dopo un inverno quasi asciutto, sull’Appennino sono scese delle nevicate abbondanti. Nelle scorse settimane, situazioni pericolose si sono create nei canaloni della Maiella e del Sirente, dalla Rava del Ferro e dalla Rava della Giumenta Bianca al Maiori. Ma il freddo ha impedito alla neve di staccarsi.

Tra sabato 27 e domenica 28, invece, la temperatura ha fatto un balzo verso l’alto. Lo zero termico, la quota oltre la quale la neve la notte gela, è salito fino a 3200-3400 metri. Domenica il bollettino Meteomont annunciava un pericolo di grado 3, arancione, in cui sono “possibili valanghe spontanee di grandi dimensioni”. E’ proprio quel che è successo.

“Con condizioni del genere, se proprio si vuole andare su una vetta innevata, occorre partire prestissimo, andare veloci, avere un abbigliamento invernale e l’ARTVA, il rivelatore di persone travolte dalle valanghe” ha continuato Daniele Perilli del CNSAS. “Invece l’ARTVA non lo aveva quasi nessuno, molti alpinisti sono partiti tardi, e molti di loro sono saliti verso il Corno Grande in maglietta. Se lo si fa con neve assestata può anche andare, ma se si finisce sotto una valanga in maglietta l’ipotermia può uccidere in pochi minuti”.

La cronologia di domenica potrebbe degnamente figurare (come esempio negativo!) in un manuale di sicurezza in montagna. Alcuni alpinisti partiti alle 6 da Campo Imperatore sono arrivati in vetta alle 8, e due ore dopo erano già davanti a una birra in fondovalle. Altri, partiti con comodo, erano nei canaloni del Corno Grande alle 13, quando le valanghe si sono staccate sulla Direttissima e nei canaloni Bissolati, Moriggia-Acitelli e del Tempio. Una cordata che a ora di pranzo era accanto alla croce di vetta è stata recuperata in elicottero e riportata a Campo Imperatore.  

Sull’Appennino, molti incidenti su neve avvengono all’inizio dell’inverno, quando in montagna si trova spesso del ghiaccio. Condizioni pericolose, però, possono verificarsi anche in primavera a causa della neve abbondante e del caldo. E’ quel che è accaduto il 28 aprile, e non soltanto sul Corno Grande.

Lo stesso giorno, come mostrano le impressionanti immagini del sito Neveappennino.it, molte persone in pantaloncini e scarpe da trekking (se non addirittura da jogging) si sono avventurate sulla cresta innevata tra il rifugio Duca degli Abruzzi e il Monte Portella, dove sarebbero serviti la piccozza, i ramponi e soprattutto delle calzature adeguate.

Una settimana prima, la guida alpina Giampiero Di Federico aveva ammonito un escursionista in scarpe da tennis e privo di attrezzatura che tentava di affrontare la Direttissima del Corno Grande insieme a due cani. L’istruttivo video di quell’incontro surreale può essere visto e commentato sulla pagina Facebook della guida.

La montagna va affrontata con prudenza ed esperienza tutto l’anno, e soprattutto nelle insidiose stagioni di mezzo, quando le condizioni possono variare da un giorno all’altro. Il 28 aprile al Gran Sasso è andata bene, ma in passato non è stato sempre così. I piloti, i medici e i tecnici del CNSAS sono straordinari, ma non possono fare miracoli. Non si va in montagna senza preparazione, attrezzatura adeguata e prudenza. Vale anche in una primavera “invernale” come quella che stiamo vivendo in questi giorni.