Su un montarozzo boscoso del Lazio, a circa 600 metri di quota, sorge un manufatto sorprendente. Tra le querce, pochi metri più in basso dei resti dell’eremo medievale che sorge sul Monte di Rocca Romana, i rari escursionisti che arrivano fin quassù scoprono un grande blocco di cemento, alto più di un metro e di circa tre metri di lato, su cui spiccano quattro grandi anelli di ferro. La recente gazzarra riguardo alle croci di vetta dell’Appennino e delle Alpi, con articoli basati sul nulla, proclami di ministri e un incredibile progetto di legge, rende utile raccontare la sua storia, e chiedersi cosa potrebbe accadere in futuro.

Il Monte di Rocca Romana, 612 metri, è il più alto tra i cocuzzoli che circondano il Lago di Bracciano, a nord di Roma, ed è rivestito da magnifici boschi di querce. I viottoli ai suoi piedi, da anni, sono frequentati da escursionisti in mountain-bike o a piedi. Il sentierino che sale alla cima, chissà perché, non è stato segnato né dal Parco regionale dei laghi di Bracciano e Martignano né dal CAI, ma può essere seguito senza problemi.

Chi sale al Gianicolo scopre che il Monte di Rocca Romana è visibile anche dal centro di Roma. Per questo, circa quarant’anni fa, il parroco della vicina Trevignano ha pensato di erigere a pochi metri dalla cima una croce alta qualche decina di metri, dotata di luci che l’avrebbero resa visibile di notte anche dal cuore dell’Urbe. Il monumento (si fa per dire) sarebbe dovuto essere inaugurato all’inizio del Giubileo straordinario del 1983, voluto da Papa Giovanni Paolo II.   

A denunciare il progetto, e a definirlo uno scempio, è stato Antonio Cederna, uno dei padri dell’ambientalismo italiano. Invece che dal “Corriere della Sera”, dove scriveva da anni, il suo scritto è stato ospitato sotto forma di lettera dal quotidiano “Il Manifesto”. Gli ambientalisti di Roma e del Lazio, in quegli anni, erano occupati a contestare la centrale nucleare in progetto a Montalto di Castro, e nei boschi del Lago di Bracciano non si è tenuta nessuna manifestazione.

Ci sono tanti modi, però, per bloccare uno scempio contro l’ambiente. Si narra che un noto personaggio dell’ambientalismo sia riuscito a parlare della croce di Monte Rocca Romana con l’archiatra pontificio (il medico personale del Papa), e che questi abbia riferito la notizia a Karol Wojtyla, che in quegli anni si è schierato più volte a favore dell’ambiente.

Non so in che modo il messaggio abbia viaggiato dal Vaticano alle rive del Lago di Bracciano. Ma il progetto venne abbandonato, e il basamento della croce mai eretta è rimasto lassù, tra querce e cinghiali. In luoghi più attenti all’ambiente, il parroco avrebbe provveduto a smontarlo. Ma siamo nel Lazio, ed è andata fin troppo bene così.

Cosa accadrà in futuro? Fino a qualche mese fa Trevignano, a due chilometri in linea d’aria dal Monte di Rocca Romana, è stata teatro di presunte apparizioni della Madonna, accompagnate da polemiche feroci, da indagini da parte della Chiesa e da un’infinità di servizi su quotidiani e televisioni nazionali e regionali. In più, tra meno di un anno e mezzo, inizierà il Giubileo del 2025.

La polemica montata ad arte sulle croci di vetta, le posizioni di politici come il vicepremier Matteo Salvini (“sono pronto a incatenarmi alle croci”) e la ministra Daniela Santanché (“resto basita dalla decisione del CAI di togliere le croci dalle vette”) sono state seguite, una settimana più tardi, da un progetto di legge presentato da Antonio Baldelli, deputato di Fratelli d’Italia. Il testo, come afferma l’agenzia Adn Kronos, punta a tutelare “le croci di vetta e di crinale” perché beni “di notevole interesse pubblico”, e “parte integrante del paesaggio montano”.

Com’è noto, né il Club Alpino Italiano né alcun suo esponente hanno mai chiesto di eliminare le croci esistenti, e gli inviti a controllare le installazioni future sono stati esposti con toni così moderati da suscitare l’approvazione dei prelati che hanno assistito all’evento del 22 giugno all’Università Cattolica di Milano, dopo il quale si è scatenata la polemica.

Se vivessimo in un Paese normale, i boschi e il profilo (lo so, oggi si dice skyline) del Monte di Rocca Romana, tutelato da un Parco regionale, dovrebbero stare tranquilli, e l’unico progetto possibile sarebbe quello di eliminare l’orribile basamento nel bosco. Ma l’Italia di normale ha poco, e la concomitanza del Giubileo, della Madonna di Trevignano e della gazzarra sulle croci autorizza a prevedere il peggio.

E’ possibile che, nel prossimo futuro, un nuovo parroco rilanci il progetto della croce luminosa, che la stampa di destra e qualche gruppo cattolico la appoggi, che l’onorevole Antonio Bandelli o qualche suo collega definisca il progetto di interesse nazionale e arrivi perfino a finanziarlo?

Francesco Rocca, nuovo governatore del Lazio, milita nello stesso partito di Bandelli e della ministra Santanché. Qualcuno di questi personaggi potrebbe pensare che una mega-croce sul Monte di Rocca Romana possa essere un simpatico sfondo, di giorno e di notte, per le barche a vela che navigano sul Lago di Bracciano e per i borghi che si affacciano sulle sue acque?

L’Italia non è un Paese normale, ripeto, e gli ambientalisti di Roma e del Lazio farebbero bene a prepararsi. Lo stesso vale per il CAI, e per i carissimi Marco Albino Ferrari, Pietro Lacasella e Antonio Montani (un saluto cordiale a tutti e tre!), che dovrebbero essere più pronti a difendere sé stessi e tutti i soci dalla politica e dai suoi modi di fare spietati.