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Sei giorni, tredici ore e qualche minuto. E’ stato questo il responso del cronometro, giovedì 22 maggio, quando il volo che riportava in patria Garth Miller, Alastair Carns, Anthony Stazicker e Kev Godlington ha toccato la pista dell’aeroporto londinese di Heathrow.

Il giorno prima, alle 7.15 del mattino ora del Nepal (notte fonda nel Regno Unito e in Europa) i quattro avevano fatto sventolare l’Union Jack, sugli 8848 metri dell’Everest, solo cinque giorni dopo la partenza da Londra. A rendere possibile il record, oltre all’ossigeno in bombola e a un’organizzazione minuziosa, è stata l’inalazione di Xenon qualche giorno prima della partenza.  

A mostrare i quattro alpinisti festanti sulla cima è stata una foto di Sandro Gromen-Hayes, che ha fatto il giro del mondo. A rendere possibile la vittoria è stata la professionalità di sette Sherpa, Pasang Tendi, Pemba Rinji, Nima Nuru, Gelu, Pemba Rickchhen, Karma, Mingma Chhiri e Phu Dorji.

A ideare l’impresa, e forse ad aprire una nuova era per le spedizioni commerciali, è stato l’austriaco Lukas Furtenbach, titolare della Furtenbach Adventures, che quest’anno ha condotto sull’Everest decine di altri clienti.    

Le televisioni e i quotidiani italiani ignorano quasi sempre l’alpinismo, a meno che non ci sia di mezzo qualche morto. Lo hanno fatto un anno fa per il K2, lo hanno rifatto nel 2025 con il silenzio sull’ascensione ultraveloce e sullo Xenon.

Su “Montagna.tv”, dove ho raccontato questa vicenda, e su altri siti specializzati, ai commenti degli esperti si sono affiancati quelli, quasi sempre sdegnati, dei lettori.La vicenda, però, merita di essere approfondita.

Nelle scorse settimane, non solo in Italia, aveva ampiamente circolato un documento della Commissione Medica dell’UIAA, l’Unione Internazionale delle Associazioni Alpinistiche. Secondo il testo lo Xenon “somministrato in una situazione non controllata, potrebbe danneggiare il funzionamento del cervello, compromettere la respirazione o causare la morte”.

“Dal punto di vista medico, l’utilizzo senza base scientifica e con rischi sconosciuti per la salute dev’essere respinto” proseguiva l’UIAA.  Inalare lo Xenon, com’è noto, dovrebbe aiutare il corpo umano a produrre più Eritropoietina (EPO) e quindi facilitare l’acclimatazione. Per questo motivo, da oltre un decennio, la WADA, che si occupa di doping negli sport olimpici, ne ha vietato severamente l’uso.

Più volte, dallo scorso gennaio, Lukas Furtenbach e i quattro protagonisti dell’ascensione hanno ricordato che l’alpinismo non è uno sport olimpico, e che anche l’ossigeno in bombola o l’assunzione di qualche compressa di Diamox, spesso utilizzato da chi sale in quota, sarebbero vietati nelle competizioni a cinque cerchi.   

Il commento più interessante, finora, è arrivato dallo stesso Furtenbach. “La “7-Day Mission Everest” non è mai stata una bravata, anche se il risultato è il record della più veloce spedizione, andata e ritorno, sull’Everest. E’ stata una spedizione scientifica e medica, meticolosamente pianificata, realizzata per esplorare il futuro dell’alpinismo d’alta quota” ha scritto l’imprenditore austriaco sui social.

“Con l’appoggio di anni di ricerca, di protocolli di acclimatazione guidati da esperti, e con il supporto salvavita di un’applicazione d’avanguardia dello Xenon, puntavamo a dimostrare che con la tecnologia, la preparazione e l’etica giusta è possibile accelerare le ascensioni – senza rischiare vite”.

“Avevamo un controllo continuo della saturazione di ossigeno (SpO2), attenzione alle emergenze 24/7, simulazione dell’alta quota per la pre-acclimatazione, e un team di sicurezza dedicato. Ogni passo è stato calcolato, ogni rischio mitigato. Il nostro scopo? Migliorare la sicurezza in montagna per tutti, non glorificare la velocità”.

In mezzo ai festeggiamenti di Furtenbach e dei suoi quattro recordmen, è piombata un’altra notizia sensazionale. La Elite Exped, l’agenzia del velocissimo (e spregiudicato) Nirmal Purja, ha comunicato che il suo cliente, lo statunitense Andrew Ushakov, è andato da New York alla vetta dell’Everest in 3 giorni, 23 ore e 7 minuti, battendo quindi gli inglesi. L’alpinista, che è stato assistito dal campo base in su da cinque Sherpa, ha usato solo del “tradizionale” ossigeno in bombola.

Lukas Furtenbach, nel suo comunicato, protesta contro questa iniziativa. “Non tentate di replicare questa ascensione rapida senza l’esperienza, l’infrastruttura medica, la scienza dell’acclimatazione e la responsabilità etica che abbiamo messo in campo noi. Non c’è margine per errori. Non si può scambiare la sicurezza con la ricerca di titoli in prima pagina. L’Everest non perdona le scorciatoie, e punisce l’arroganza” scrive l’austriaco.

Auguriamo naturalmente il meglio a Garth Miller, Alastair Carns, Anthony Stazicker e Kev Godlington. Ma la loro ascensione da record non si è conclusa con l’atterraggio a Heathrow. E’ fondamentale che dei test medici esaustivi, nei prossimi mesi, certifichino che lo Xenon non ha avuto conseguenze negative. Si attendono i commenti dei componenti della Commissione Medica dell’UIAA, della Società Italiana di Medicina di Montagna e della Commissione Medica del CAI.

Se tutto andrà bene (e, ripeto, me lo auguro di cuore), a 72 anni dalla prima ascensione di Hillary e Tenzing, l’alpinismo sull’Everest e sugli altri “ottomila” potrebbe entrare in una fase tutta nuova.

Dopo i tentativi, la conquista, la ricerca di nuove vie, le ascensioni “pesanti” e quelle in stile alpino e la diffusione delle spedizioni commerciali, potrebbero diffondersi le spedizioni ultraveloci, per uomini d’affari che non possono concedersi più di una settimana tra andata, vetta e ritorno, e che non hanno problemi di portafoglio.

A proposito, per la stagione 2025, i clienti della Furtenbach Adventures, sia sul versante nepalese che su quello tibetano, hanno pagato 75.000 euro per un’ascensione guidata “normale” (sei settimane), e 104.000 per una con preacclimatazione a domicilio con tende ipobariche, che riduce il tempo a tre settimane.

Prezzi, va detto, allineati a quelli delle altre agenzie di alta gamma, e inferiori a quelle di alcune celebrità del settore. Quanto costerà, nel 2026, tentare di ripetere l’exploit di Garth Miller, Alastair Carns, Anthony Stazicker e Kev Godlington? L’Everest, oltre che un gigante di roccia e ghiaccio, è sempre più una montagna di soldi.