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Lo so, questo titolo mette insieme problemi diversi tra loro. L’annegamento di due giovani orsi marsicani a Campo Rotondo di Scanno, lo scorso 7 maggio (nella foto, e scusate la crudezza), è una tragedia, che fa ridiventare attuale la prospettiva dell’estinzione di questo meraviglioso animale. La morte degli orsi dimostra che gli impianti di risalita dismessi (quelli di Scanno sono chiusi da oltre dieci anni!) non sono soltanto brutture, ma creano pericoli concreti sul territorio, per gli animali e per l’uomo.

Svuotare il bacino, o almeno creare delle vie di fuga, non sarebbe stato compito del Comune? Il Parco, che è responsabile anche sulla Zona di Protezione Esterna, poteva intervenire da solo? E cosa è accaduto dal 7 maggio in poi? Il lago-killer è stato svuotato, o circondato con una vera recinzione? Oppure rischiamo che altri animali – orsi e cervi, ma anche vacche o pecore, o (Dio non voglia!) esseri umani – anneghino in quel modo atroce?

Ventiquattr’ore prima che si sapesse dell’annegamento dei due orsi, dal Velino è arrivata una notizia positiva. Il Comune di Rocca di Mezzo, come ha scritto l’associazione Salviamo l’Orso, ha avviato il ripristino ambientale del Piano di Pezza, dove due anni fa era stato scavato un altro bacino artificiale, a servizio di un fantomatico Stadio del Fondo. Una brutta storia, di cui mi sono occupato più volte su questo blog.  

Negativa, anche se meno grave, la notizia riportata il 14 maggio dal sito AbruzzoWeb, in un pezzo a firma di Filippo Tronca. Una lettrice, salita nei giorni precedenti a Campo Imperatore per ammirare la fioritura dei crochi, ha trovato “decine e decine di persone che camminavano incuranti sul prato, calpestando i fiori, senza alcun rispetto e sensibilità”.

I vandali erano “arrivati in auto, e anche con ben quattro autobus, tanto che addirittura c’era problema a trovare parcheggio. Ho visto due famiglie che avevano montato anche tavolini, steso stuoie per terra, si sono portate anche il frigo. I loro figli hanno portato il pallone, hanno montato due porte per fare una partita di calcio. Altri governavano i droni, altri ancora correvano dietro gli aquiloni. Il tutto sopra il prato pieno di crochi” continua la signora. “Unica, clamorosa assenza, quella dei guardiaparco”.

Non ne parla più nessuno, ma sono passati pochi mesi dall’“invasione” di Roccaraso, a gennaio, da parte di migliaia di napoletani mobilitati da offerte di gite a basso prezzo e influencer. Un evento che ha avuto una vastissima eco ma che non ha causato disastri ambientali, a parte un inquinamento da motori diesel superiore a quello dei weekend normali.

Molti, invece, sono stati i disagi. I residenti e i commercianti di Roccaraso si sono trovati sotto assedio, molti sciatori non sono potuti salire verso le piste. I gitanti arrivati da Napoli e dai centri vicini si sono ritrovati ammassati sulla poca neve sporca accanto alla strada statale.

C’è un filo che lega i quattro eventi che ho citato? L’“invasione” di Roccaraso era annunciata da settimane. Non sarebbe stato possibile far intervenire le forze dell’ordine già quel giorno, e già a qualche chilometro di distanza, invece di farlo solo nei weekend successivi, di fronte a plotoni di giornalisti e telecamere?

L’invasione di visitatori incivili su Campo Imperatore accade regolarmente tutti gli anni, le foto dell’altopiano colorato dalla fioritura dei crochi avevano invaso da tempo i social. Era difficile, per il Parco del Gran Sasso e Monti della Laga mandare qualche pattuglia di Carabinieri Forestali a controllare e a sanzionare i vandali nei giorni successivi alla riapertura della strada?

Che si lavori per sistemare il “buco” del Piano di Pezza è una buona notizia. Ma su un terreno così arido e sassoso, è possibile un restauro efficace? Ho paura che il segno di quell’intervento sbagliato resterà molto a lungo. L’enorme rifugio mai aperto, costruito anni fa, proprio di fronte, dal Comune di Rocca di Mezzo autorizza a temere il peggio.

Infine gli orsi. Qualche anno fa, il Ministero dell’Ambiente e l’ISPRA hanno messo a punto il PATOM, il Piano d’Azione per la Tutela dell’Orso Marsicano. Un documento ricco e pieno di informazioni utili su questa preziosa sottospecie, la sua distribuzione, le possibili fonti di disturbo, le possibili azioni per farla riprendere.

Alle pagine 26 e 27, però, casca l’asino (o l’orso, fate voi). Sotto il titolo “Autorità di Gestione”, gli estensori allargano le braccia. “Il processo del PATOM ha illustrato efficacemente” si legge, “che il coordinamento tra enti e istituzioni non è in grado di svolgere il compito proattivo e prescrittivo” necessario per salvare l’orso. “Ogni ente ha limitazioni diverse, e il coordinamento non è sufficiente”. “Non esiste alcun soggetto che, da solo, sia in grado di conservare l’orso, nemmeno il PNALM”.

Ma se i super-tecnici che hanno messo a punto il PATOM si esprimono in questo modo, è legittimo prendersela con il sindaco di Scanno, con il presidente della Regione Abruzzo o con il direttore del Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise? Forse, per trasformare i problemi dell’orso e del lupo delle autentiche questioni nazionali ci vorrebbe una Commissione Parlamentare d’inchiesta, o un altro ente dotato di poteri speciali. Ma la politica nazionale non s’interessa certo agli animali.

E allora teniamoci gli orsi annegati, i crochi calpestati senza nemmeno una multa, le orde scatenate dagli influencer, il buco inutile che ha deturpato uno degli altopiani più belli dell’Appennino. Teniamoci tutto, signori e signore. Ma vogliamo almeno piangere una lacrima sincera su questo Abruzzo (e questa Italia) che si buttano via a ogni pie’ sospinto?