Alex Txikon è uno dei migliori alpinisti himalayani di oggi. Nato 37 anni fa a Lemoa, nel Paese Basco, è diventato famoso nel 2016 compiendo la prima invernale del Nanga Parbat insieme a Simone Moro, ad Ali Sadpara e a Tamara Lunger.
Un anno dopo, ha tentato la salita invernale senza ossigeno dell’Everest, ma ha fatto dietro-front ai 7900 metri del Colle Sud. Nelle scorse settimane, Alex Txikon ha compiuto due imprese straordinarie, ma i media italiani hanno dato spazio solamente alla prima. Invece è giusto parlare di entrambe.
Il 4 marzo, Txikon e i suoi tre compagni (Félix Criado, Josep Sanchis e Ignacio de Zuloaga) si spostano in elicottero dal K2 al Nanga Parbat, per cercare Daniele Nardi e Tom Ballard, scomparsi dal 24 febbraio sullo Sperone Mummery. Sanno che il rischio è molto alto, e che la possibilità di trovare i due vivi è minima. Ma tentano lo stesso.
Alex risale in elicottero lo Sperone fino a 7000 metri, poi il team spagnolo, con i pakistani Ali Sadpara, Imtiyaz e Dilawar, esplora dal basso la parete del Nanga per tre giorni, tra temperature polari e valanghe.
Risale lo Sperone fin quasi al Campo 3, prosegue le ricerche con i droni. Infine dedica un terzo giorno di ricerche alla via Kinshofer, la “normale” del Nanga Parbat. Prima di lasciare la montagna il 7 marzo, Txikon scatta a distanza la foto che mostra i corpi senza vita di Tom e Daniele.
Poi, tornato ai piedi del K2, Alex Txikon tenta ancora una volta la prima invernale della seconda cima della Terra. Con lui, insieme a de Zuloaga e Criado, sono gli sherpa Cheppal, Walung, Geljen e Pasang. Il 14 marzo il team parte verso l’alto lungo lo Sperone Abruzzi, il 16 raggiunge il Campo 3 sulla Piramide Nera, a 7050 metri. Ma il vento è troppo forte, e li costringe a scendere.
“Behe Kanpalekura iritsi berri gara, ondo gaude” scrive in euskera, la lingua dei baschi, Txikon sul suo blog alle 10.30 italiane, le 14.30 in Pakistan di domenica 17 marzo. “Siamo appena arrivati al campo base, stiamo tutti bene”.
E prosegue. “Il forte vento ci ha impedito di andare avanti. Il K2 in inverno resiste, e bisogna rispettarlo. Ho imparato che se sei ossessionato dalla montagna, lei non ti rispetta. Lei è libera e noi veniamo per salirla. Per questo cerco di trovare quel limite, così da poter sempre tornare casa, tutti insieme. Bisogna ascoltare la montagna. Quest’inverno ci ha detto che non è ancora il momento. Torneremo”.
E’ una lezione di alpinismo, è una lezione (o due lezioni) di vita.