Negli ultimi mesi il Comune di Villavallelonga (L’Aquila) è comparso nelle cronache per aver consentito per decenni la presenza, nel suo territorio, della famigerata vasca in cemento che ha causato la morte di almeno cinque orsi. La minaccia, di cui ho scritto molte volte, è stata sventata qualche settimana fa grazie all’intervento dei proprietari.
Per chi non la conosce, è giusto ricordare che la Vallelonga (con i Comuni di Villavallelonga e Collelongo), affacciata sul Fucino, è una delle zone più suggestive del Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise, e si raggiunge comodamente dall’Aquila e da Roma. A parte il ripido sentiero per il rifugio Coppo dell’Orso, gli altri percorsi iniziano dai Prati d’Angro e dal rifugio dell’Aceretta, alla fine della strada che risale la valle. Anche grazie a questi sentieri, da anni, nei due paesi lavorano bar, trattorie e agriturismi.
Tutto questo, non so perché, disturba l’amministrazione comunale di Villavallelonga. Sabato scorso, 31 agosto, ho scoperto che da mesi la strada di 4,5 km tra la chiesa della Madonna della Lanna e l’Aceretta è stata chiusa ai non residenti. La motivazione, secondo la delibera del 29 gennaio, affissa accanto al divieto e firmata dal sindaco Leonardo Lippa, è di “favorire l’esercizio dell’uso civico da parte dei residenti”.
Non capisco, ovviamente come la presenza di qualche decina di escursionisti nei weekend possa turbare il godimento degli usi civici. Se qualche forestiero dovesse ripartire con un quintale di legna da ardere abusivamente raccolta, individuarlo e multarlo non dovrebbe essere difficile.
La chiusura, che mi sembra una follia assoluta, è l’ennesimo episodio di autolesionismo (vedi il degrado delle strade montane di Amatrice, o la mancata pulizia quella del Lago Racollo d’inverno) da parte delle amministrazioni locali dell’Appennino ai danni degli escursionisti, e dei residenti che hanno scelto di investire nei servizi legati al turismo verde.
A nessun camminatore può venire in mente di percorrere a piedi, come prologo e conclusione di un’escursione, i 4,5 km (9 tra andata e ritorno) da e per l’Aceretta, su una strada asfaltata da poco, dove le auto dei residenti autorizzati sfrecciano. E’ utile ricordare che siamo in una zona popolata dall’orso ma non in un’area di wilderness, dato che al valico dell’Aceretta, al termine del sentiero più battuto, ci si affaccia sulle piste da sci di Pescasseroli.
Di fronte a un provvedimento così assurdo, stupisce il silenzio degli imprenditori locali, delle associazioni e del Parco. Se delle proteste invece ci sono state è una mia colpa grave non essermene accorto, e di questo chiedo scusa a chi mi legge.
In un paese e in una regione normali, contro la chiusura della strada e la cacciata degli escursionisti dalla valle, dovrebbero essersi mobilitati da tempo i proprietari delle strutture ricettive, che sono le prime vittime di questo provvedimento sbagliato. Dovrebbe essere sceso in campo il CAI, che rivendica giustamente e da sempre il valore dell’escursionismo anche come motore di uno sviluppo corretto.
Dovrebbe essersi dato da fare il Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise, che ha migliorato da poco la segnaletica nella zona, e che come tutte le aree protette ha tra i suoi scopi quello di favorire il turismo responsabile e attento. Due anni fa la Regione Abruzzo ha approvato una legge dal nome burocratico, REASTA, con lo scopo di censire, valorizzare e tutelare i sentieri. Anche da questa parte, sarebbe giusto attendersi un’opposizione all’ordinanza.
Tra qualche settimana, in Vallelonga inizia una delle stagioni più belle. L’autunno porta il rosso e l’oro dei boschi, il bramito dei cervi, un clima gradevole e dei cieli limpidi. Sarei felice se, per quella data, l’assurda chiusura della valle venisse revocata. Invece temo che i cartelli resteranno al loro posto, e che l’Appennino e l’Abruzzo continuino a farsi male da soli.