C’è una foto, nel mio archivio dedicato all’Appennino, che mi dà i brividi ogni volta che la vedo. E’ stata scattata a Umito, il borgo del versante ascolano della Laga da cui si parte a piedi verso le cascate della Volpara e delle Prata. Ricorda Anna Sparapani, una bambina bruciata viva prima di compiere un anno, l’11 marzo del 1944, durante una rappresaglia nazista.
Umito, insieme alla vicina Pozza, era un centro di attività partigiana. La colonna della Wehrmacht si scontrò duramente con gli uomini della Resistenza (tra i caduti furono partigiani italiani, greci e slavi), poi sfogò la sua rabbia dando fuoco al paese, e uccidendo così dodici civili, tra cui la piccola Anna.
Sei mesi prima, tra settembre e ottobre del 1943, il Colle San Marco, affacciato su Ascoli Piceno dalle pendici della Montagna dei Fiori, era stato teatro di una delle prime battaglie della Resistenza italiana. Alla fine degli scontri, che aveva causato vittime da entrambe le parti, sedici partigiani furono fucilati dai nazisti. In maggioranza erano ragazzi intorno ai vent’anni.
Raccontano le cronache dei giorni scorsi che il 28 ottobre, anniversario della Marcia su Roma che portò al potere i fascisti, in un ristorante di Acquasanta Terme, a pochi chilometri da Umito e dal Colle San Marco, si è tenuta una cena di nostalgici, con tanto di menu decorati da fasci littori e da ritratti di Mussolini.
Tra i partecipanti due esponenti di spicco di Fratelli d’Italia, il sindaco di Ascoli Piceno, Marco Fioravanti, e il parlamentare Francesco Acquaroli. Tra le parole più usate dalla loro parte politica c’è “onore”. Ma entrambi, interpellati dai media, hanno dichiarato di essere passati per quel ristorante per caso. La sezione di Ascoli dell’ANPI, in un comunicato, ha parlato di “carogne uscite dalle fogne”.
In Italia l’apologia del fascismo è un reato, ma è stata repressa raramente dai tribunali. Da qualche mese, anche grazie all’appoggio di una parte del mondo politico, il saluto romano sembra essere tornato di moda.
Lo stesso 28 ottobre, a Predappio, migliaia di “camerati” hanno marciato in camicia nera, e nessuno è stato arrestato nonostante la flagranza di reato. All’Aquila, in una conferenza stampa di qualche settimana prima, si era parlato della stessa Predappio come esempio per il rilancio turistico del Gran Sasso.
Non sta a me dire al Prefetto e alla Magistratura di Ascoli Piceno come si devono comportare con i partecipanti all’orrida cena di Acquasanta. Posso solo ricordare a chi mi legge le stragi di 76 e 75 anni fa, compiute con l’appoggio e l’applauso dei fascisti ascolani di allora, e il coraggio di quei giovani che hanno scelto di opporsi in armi alla barbarie.
Nelle mie guide ho descritto più volte i bellissimi itinerari che iniziano da Umito e Pozza, e il “Sentiero della memoria” di Colle San Marco, che inizia dal memoriale che ricorda i partigiani trucidati. Andateci, andateci in tanti. I boschi in questi giorni sono bellissimi, la neve a quelle quote arriva tardi, il silenzio insegna a ricordare e rispettare. Forse, anche se in ritardo, qualche oliva ascolana può andare di traverso ai commensali.