Scattare questa foto, lo confesso, è stato doloroso. E’ successo in autunno, sulle Alpi orientali italiane. Non dico dove, perché gli uomini che avevano appena ucciso questo magnifico cervo erano perfettamente sereni, e hanno risposto con un sì e con un sorriso alla mia richiesta di fotografarlo. Sembravano persone normali, non dei mostri assetati di sangue. Eppure…
Viviamo in un mondo che cambia, ma dove la civiltà, nei secoli, ha fatto qualche passo in avanti. Abbiamo abolito le battaglie tra gladiatori, le decapitazioni in pubblico, le lotte all’ultimo sangue tra animali che tanto piacevano al pubblico del Colosseo. Forse anche la caccia, uno “sport” con al centro il piacere di uccidere, potrebbe aver fatto il suo tempo.
Esagero? So che tra i cacciatori esistono anche (anche!) persone che amano davvero la natura. So bene che molti zoologi pensano che la caccia ad alcune specie (tra queste il cervo sulle Alpi) abbia un ruolo positivo. So di essere in contraddizione, perché mangio carne volentieri. Ma il piacere di uccidere è un’altra cosa.
Anni fa, quando l’ho intervistato per il “Venerdì”, Mario Rigoni Stern mi ha risposto “vietiamo pure la caccia, ma solo ai cittadini. In città avete i cinema, qui in montagna ci resta solo quella”. Ora i cinema chiudono anche a Milano e a Roma, Sky e le altre reti si vedono anche ad Asiago. Anche da quelle parti, invece dei fucili, si potrebbe imbracciare il telecomando.
L’ultimo pensiero riguarda il ruolo della democrazia in questo paese. Trent’anni fa, in un referendum fallito a causa del boicottaggio delle associazioni venatorie e di quelli che allora si chiamavano “partiti di massa”, quasi 18 milioni di italiani si sono espressi per mandare in pensione le doppiette. Mi piacerebbe che l’Italia, tutta insieme, si ponesse di nuovo il problema.