Qualche giorno fa il Tribunale di Locri ha condannato Domenico “Mimmo” Lucano, ex-sindaco di Riace, a 13 anni e 2 mesi di reclusione. Ieri notte, a Roma, è andato a fuoco il Ponte dell’Industria, l’ottocentesco “Ponte di Ferro” tra Piazzale della Radio e l’Ostiense.
Ci sarà un’inchiesta, ovviamente, ma è probabile che l’incendio sia partito dagli insediamenti di migranti abusivi che esistono da decenni sotto al ponte.
Tra i due eventi c’è un rapporto evidente. Mimmo Lucano, a Riace, ha tentato di costruire un’accoglienza per i migranti che arrivano in Italia da lontano. Per sua stessa ammissione lo ha fatto in maniera pasticciona, mischiando capitoli di spesa diversi, violando codici e codicilli.
Lo ha fatto in Calabria, una terra meravigliosa dove abbondano gli ospedali chiusi e mai aperti (con sprechi di centinaia di milioni di euro), dove la ‘ndrangheta continua a controllare una fetta importante dell’economia, dove molti politici e funzionari si sono arricchiti con malversazioni e appalti. Dove, solo qualche settimana fa, il Parco nazionale dell’Aspromonte è stato devastato dagli incendi dolosi.
Mimmo Lucano, che non si è messo in tasca un centesimo, ha ricevuto una condanna più severa di quella di decine di stupratori e di manovali di mafia. Luca Traini, che nella civile Macerata, tre anni fa, ha affrontato il problema dell’immigrazione sparando ai “negri” dalla sua auto (e ferendone 6) è stato condannato a 12 anni contro i 13 dell’ex-sindaco di Riace.
Sotto al Ponte dell’Industria di Roma, dal lato di Piazzale della Radio, da decenni esiste un terribile insediamento abusivo di migranti. Ci sono tende, baracche di cartapesta e lamiera, sistemazioni acrobatiche nelle strutture e nelle campate del ponte. Chi passa da lì sulla ciclabile del Tevere, ogni giorno, vede questa scena dantesca.
La baraccopoli di Ponte dell’Industria, come centinaia di altre, è la testimonianza del modo in cui il problema degli immigrati viene gestito in Italia. Certo, ci sono le iniziative positive della Caritas, della Comunità di Sant’Egidio e di altri.
Spesso, però, la logica è semplicemente quella di nascondere il problema, lasciando insediare uomini, donne e bambini (bambini!) in orribili ghetti lontani dagli occhi dei cittadini normali. Un elenco che include edifici abbandonati, roulotte fatiscenti, argini dei fiumi, e naturalmente le arcate di ponti e viadotti ferroviari o stradali.
L’incendio di Roma, che per fortuna sembra non aver ucciso nessuno, ricorda che questa “soluzione” causa disagio, sofferenza e in qualche caso delle stragi. L’elenco degli incendi nei campi Rom italiani è lunghissimo.
Mimmo Lucano credeva (e crede ancora, immagino) in un modello diverso, dove gli immigrati hanno diritto a un tetto, a un letto e a un lavoro. Di fronte all’incendio del Ponte dell’Industria, la sua condanna, che spero venga cancellata in appello, è ancora più assurda e dolorosa.
Una piccola nota finale. Ma è lecito, anche dopo una sentenza di primo grado, che un Pubblico Ministero della Repubblica italiana insulti il condannato definendolo “un bandito da western?”