Quanti passi ci sono in 200 chilometri? Duecentomila per un camminatore allenato, qualcuno di meno per chi va di corsa. Molti di più, forse il doppio, per chi oltre al peso dello zaino porta con sé il fardello dell’autismo, un disturbo che significa chiusura in sé stessi, difficoltà a comunicare, paura. Chi ne soffre, nella maggioranza dei casi, incontra serie difficoltà nella vita sociale.

Sul sentiero blu”, un film di Gabriele Vacis che esce in questi giorni nelle sale, racconta come il muro dell’autismo possa essere spezzato, o perlomeno incrinato, vivendo un’esperienza dura e collettiva come un viaggio di 200 chilometri a piedi. Una camminata di nove giorni sulla Via Francigena, da Proceno sul confine tra Lazio e Toscana, fino alla basilica di San Pietro.

“Il viaggio a piedi, compiuto nell’estate del 2021 da un gruppo di ragazzi e ragazze tra i 18 e i 35 anni, fa parte di un percorso che abbiamo avviato da anni alla ASL Città di Torino” spiega il dottor Roberto Keller, psichiatra e psicoterapeuta, che ha ideato e accompagnato la camminata. “In città aiutiamo i ragazzi a stare insieme, a collaborare a un progetto comune, a frequentare persone non autistiche. In inglese si parla di social skill training, di miglioramento delle abilità sociali”.

Le immagini del film ci portano in una Tuscia magica e solenne, fatta di boschi di querce e di campi sorvegliati dalle torri medievali di Bolsena, Montefiascone e Viterbo. Ma la poesia del paesaggio è solo una parte del quadro. L’occhio di Vacis e della sua troupe segue da vicino i protagonisti del viaggio, li racconta sul sentiero e nei momenti di pausa.

Accanto ai problemi di ogni camminatore (la fatica, il peso dello zaino, le vesciche ai piedi, il caldo) il film racconta, con affetto e rispetto ma senza alcuna censura, i tic, i momenti di chiusura in sé stessi, le difficoltà nel comunicare con gli altri. “Ce li fa vedere in modo diverso, ci fa capire che hanno una ricchezza di emozioni, ce li fa diventare simpatici” commenta Roberto Keller.

Per molti dei ragazzi in cammino, i nove giorni lungo la Via Francigena sono stati la prima esperienza di vita lontano dalle rispettive famiglie. Un’esperienza all’insegna del coraggio. “Andiamo a fare il miracolo! Diventeremo famosi!” grida uno dei ragazzi partendo da Acquapendente, all’inizio del cammino.

“Elisa patisce i posti affollati” spiega un altro di fronte a un momento di crisi di un’amica. “E’ come scalare l’Everest!” ripete come un mantra Simone alla base della ripida rampa che, dai prati dell’Insugherata, già oltre il Raccordo Anulare di Roma, porta alla Via Trionfale e alla discesa finale verso Monte Ciocci e il “Cupolone” di San Pietro.

Nei loro nove giorni a piedi, i ragazzi partiti da Torino capiscono di stare facendo qualcosa di speciale. Camminando canticchiano “Il più grande spettacolo dopo il Big Bang” di Jovanotti. In Vaticano, dopo aver riabbracciato i genitori, posano per una foto di gruppo con Papa Francesco, che li benedice e li invita a continuare così.

“La nostra camminata sulla Francigena per ora è un’esperienza isolata. E’ stata un progetto costoso, reso possibile dall’aiuto del Rotary. Però altre associazioni come la Abilitiamo di Carugo, in provincia di Como, stanno portando avanti dei progetti simili, con ragazzi e adulti autistici” spiega il dottor Keller.

Contribuisce a dare visibilità a “Sul sentiero blu”, e a rendere possibili altre camminate coraggiose come questa, l’impegno del CAI, il Club Alpino Italiano. Un’associazione con 300.000 soci, che opera in materia di autismo e non solo con le sue escursioni di “Montagnaterapia” accompagnate da psichiatri, psicologi e volontari. In questi giorni, con la collaborazione del CAI, il film viene proiettato in decine di sale. A Roma l’appuntamento è alle 16.30 di oggi al cinema Farnese.

“Sul sentiero blu”, un film prodotto da Michele Fornasero per Indyca, è distribuito da Wanted, sul cui sito http://wantedcinema.eu si trova l’elenco completo (e in continuo aggiornamento) delle proiezioni in programma in tutta Italia.

“I pellegrini di un tempo partivano dalle periferie più oscure per “conquistare” il centro, l’ombelico del mondo. Questo viaggio dimostra che l’ombelico del mondo possiamo trovarlo solo dentro alle persone” spiega il regista Gabriele Vacis. “L’autismo è una condizione ancora difficile da comprendere, il film prova a svelarla, a riconoscerla. I protagonisti ci hanno insegnato che, in fondo, siamo tutti autistici”.

 

(il mio articolo per le pagine della Salute del “Messaggero”, 2 marzo 2022)