Due giorni fa, nella sua Trieste, se n’è andato un uomo che ha fatto molto per l’ambiente e i parchi nazionali italiani. Come spesso accade, purtroppo, la morte di Franco Perco, 83 anni, uno dei massimi esperti italiani di ungulati e di gestione della fauna selvatica, è passata inosservata sui giornali e sulle reti televisive nazionali. A raccontarla sono state solo le testate cartacee e online del Friuli e della Venezia Giulia, e quelle delle Marche dove Franco, per sei anni, aveva lavorato come direttore del Parco Nazionale dei Sibillini. Ma chi si occupa di natura in Italia, da vivo o da morto, riceve molta meno attenzione di calciatori, starlette televisive e politici.

Franco Perco era un faunista, un esperto della gestione degli animali, ma lui preferiva definirsi uno “zoologo progettista”. In questa veste, quasi cinquant’anni fa, ha avuto un ruolo importante nella reintroduzione del capriolo e del cervo nel Parco nazionale d’Abruzzo (oggi d’Abruzzo, Lazio e Molise). Una scelta che, ampliando la disponibilità di cibo, ha contribuito alla rapida ripresa del lupo, e a impedire la sparizione dell’orso. Classe 1939, laureato in Legge e in Scienze Naturali, Franco ha diretto a lungo l’Osservatorio Faunistico di Pordenone, ed è stato tra i fondatori del WWF del Friuli-Venezia Giulia. Anche a causa delle sue origini “austro-ungariche”, un termine che usava con il sorriso sulle labbra, Franco abbinava alla passione per la tutela della fauna quella per la caccia. Un’attività che, se ben gestita, secondo lui poteva avere un effetto positivo per ambiente.

Molti anni fa, su “Airone” e su altre testate, ho scoperto e apprezzato gli interventi tecnici e precisi di Franco Perco, che rivelavano una grande passione. L’ho incontrato e frequentato più tardi, tra il 2010 e il 2016, quando ha diretto il Parco Nazionale dei Sibillini. Dieci anni fa, quando l’ho intervistato per il numero di “Meridiani Montagne” dedicato ai Sibillini, mi ha spiegato senza peli sulla lingua che il Parco doveva fornire ai visitatori “meno porchetta e più esperienze autentiche”, che era necessario “far crescere dei modi intelligenti di fruizione”.

Avevamo storie e modi di ragionare diversi, ma Franco era un uomo intelligente e capace di ascoltare. Sulla questione dei limiti da porre all’escursionismo, allo scialpinismo e all’alpinismo partivamo da punti di vista molto lontani, ma ci siamo sempre capiti. La sua competenza e la sua passione hanno contribuito a far crescere, nell’Ente Parco e tra i suoi collaboratori, un gruppo di ottimi professionisti. Uno dei problemi più seri delle aree protette italiane, non da oggi, è la presenza ai vertici di vari Parchi nazionali e regionali di persone scelte per motivi politici, e che non hanno alcuna esperienza di natura. Fanno danni altrettanto gravi le posizioni estremiste che portano a chiudere e vietare “a prescindere”, anche se nelle aree in questione non esistono specie di fauna e di flora a rischio. La natura italiana, e chi la pratica, ha bisogno di più persone preparate e intelligenti come Franco Perco.