Il Monte San Michele è un meraviglioso belvedere. Dai 276 metri della cima ci si affaccia sull’Isonzo, sui vigneti del Collio, sulle lontane Alpi Giulie. Alla loro destra si alza il Krn, il Monte Nero degli Alpini. Dall’altra parte si vedono il Sei Busi, l’Ermada e le altre dorsali del Carso, aspramente contese durante la Grande Guerra, e poi la pianura e Monfalcone.

Verso nord, dal piazzale e dal museo del San Michele, si vede bene Gorizia, il sogno proibito dei generali italiani. Circondano la “Nizza dell’Austria-Ungheria” le alture del Sabotino, della Bainsizza e del Podgora, altre tappe del calvario dei fanti.

Nel museo del San Michele, accanto a mitragliatrici, fucili ed elmetti, accolgono il visitatore agghiaccianti foto del giugno 1916, quando gli austro-ungarici ricorsero per la prima volta ai gas asfissianti. Duemila fanti delle brigate Brescia e Ferrara morirono tra atroci spasmi, anche per colpa delle maschere antigas inefficaci contro il fosgene.

A un secolo dalla Grande Guerra, camminare sul Carso offre immagini ben diverse dalle Dolomiti e dal Pasubio. Qui il suolo roccioso ha costretto i due eserciti a scavare trincee poco profonde, che lasciavano i soldati esposti alle mitragliatrici, ai cecchini e alle granate nemiche.

Oggi i pini e le querce del San Michele hanno poco a che vedere con il paesaggio in cui si muovevano i fanti italiani e i loro nemici (e compagni di sventura) austriaci, ungheresi e croati, e dove mitragliatrici e cannoni avevano cancellato il verde. Sulla vetta, una iscrizione ricorda i caduti italiani e ungheresi che “combattendo da prodi, si affratellarono nella morte”.  

Nei Canti della guerra latina Gabriele D’Annunzio ha scritto “E qui sanguina l’Umbria, e sanguina qui Lombardia, e sanguina Venezia la bella, sanguina la Campania felice, sanguina Sicilia l’aurata, e Puglia la piana, e Calabria la cruda, e Sardegna in disparte”.

Le parole più amare, però, sono quelle di San Martino del Carso, la poesia che Giuseppe Ungaretti ha dedicato al villaggio dove ha combattuto. “San Martino del Carso / Di queste case / Non è rimasto / Che qualche / Brandello di muro / Ma nel cuore / Nessuna croce manca / E’ il mio cuore / Il paese più straziato”.

L’ITINERARIO

  • Dislivello: 200 metri
  • Tempo: 1.45 ore
  • Difficoltà: T
  • Quando andare: tutto l’anno, ma non nelle giornate più calde

Il borgo di San Martino del Carso (Martiniščina in sloveno, 161 m) si raggiunge da Gradisca e dall’omonimo casello della A34 Villesse-Gorizia, oppure da Sagrado. In entrambi i casi si tocca l’abitato di Poggio Terzarmata.

Chi cerca un itinerario a piedi più lungo può incamminarsi dal centro di Gradisca d’Isonzo (32 m), traversando il ponte sul fiume, raggiungendo sull’asfalto Poggio Terzarmata e proseguendo per stradine e sentieri (segnavia 70, 72, Sentiero Italia e 76) fino alle case di San Martino. Si cammina per un’ora in più, sia all’andata sia al ritorno.

Dal centro di San Martino si segue a piedi la strada per San Michele del Carso e la Zona Sacra, che conduce a un piazzale (261 m, 0.30 ore) affiancato da cannoni e memoriali, che offre uno splendido panorama sulla Valle dell’Isonzo e Gorizia. Oltre la città, imbiancati d’inverno, sono l’altopiano della Bainsizza e le pendici del Krn, il Monte Nero. Si affaccia sul piazzale il Museo della Guerra, del Ministero della Difesa, aperto tutti i giorni e che merita senz’altro una visita.

Accanto all’edificio, un sentiero (segnavia bianco-rossi 76 e segnavia locali) sale costeggiando delle trincee e conduce alla cima del Monte San Michele (Debela Gria in sloveno, 276 m), solcata da altre trincee. Qui il panorama si apre verso la valle del Vipacco, la vicinissima Slovenia e il Carso, e SAN in direzione di Monfalcone e della costa.

Si scende costeggiando dei salti rocciosi, nei quali si aprono delle enormi caverne artificiali scavate dagli Austro-ungarici e poi trasformate in postazioni di artiglieria dai genieri italiani. Sbucati su una strada sterrata la si segue a sinistra (segnavia 73) in leggera discesa, nel bosco. Tenendosi a destra a un bivio si scende a San Michele del Carso (Vrh in sloveno, 228 m, 0.30 ore), suggestivo borgo arroccato su un crinale proteso in direzione di Gorizia.

Si torna indietro in salita per la strada sterrata, si scavalca una sella (251 m) e si sbuca su una zona scoperta. Dopo aver toccato il Valloncello dell’Albero Isolato e la lapide che riporta i versi della poesia di Giuseppe Ungaretti, si tocca il monumento ai caduti ungheresi del Quarto Reggimento Honved e si torna in breve a San Martino al Carso (0.45 ore).