In questi giorni, com’è ovvio, sugli orsi che vivono in provincia di Trento si dice e si scrive di tutto. Una parte del mondo ambientalista e animalista ha iniziato a proporre un boicottaggio del territorio (niente gite e niente vacanze in Trentino) e dei suoi prodotti, rinunciando ad acquistare i prodotti trentini, dal vino al formaggio e a tutto il resto. Credo che sia un errore, e una stupidaggine controproducente. Provo a spiegare perché.

Primo, i boicottaggi non funzionano. Lo vediamo da più di un anno con la Russia, responsabile di aver attaccato l’Ucraina. Non ci sono più voli diretti, i McDonald’s e molte altre strutture hanno chiuso, i transfer di denaro sono bloccati. Ma l’aggressione contro Kiev e la sua gente continua, la maggioranza dei russi la appoggia, i giornalisti che raccontano Mosca e le altre città riferiscono di traffico intenso e di ristoranti pieni. E’ difficile pensare che quel che non funziona su Putin possa funzionare con Fugatti.

Secondo, il Trentino e la sua gente non lo meritano. Continuo a pensare, come tanti altri, che l’idea di riportare l’orso bruno sulle Alpi fosse (e sia ancora) bella e giusta, come quella di favorire il ritorno del lupo su tutte le nostre montagne. Ricordo che venticinque anni fa, quando il progetto LIFE Ursus è partito, tutti i territori vicini (Alto Adige/Südtirol, Lombardia, Veneto, Tirolo austriaco, Grigioni svizzeri, Baviera) si sono tirati indietro, mentre il Trentino ha detto sì.

Hanno appoggiato il progetto gran parte del mondo politico, gli amministratori dei Comuni, le associazioni e la stampa, perfino una categoria che non mi sta simpatica come i cacciatori, che in quelle valli contano molto ancora oggi. E’ andata bene? E’ andata male? Bisognerà dichiarare un fallimento? Vedremo, ma comunque vada a finire la gente del Trentino merita un grazie, non certo un boicottaggio.

Terzo, ed è il punto più importante, boicottare il Trentino e i trentini è sbagliato. E’ legittimo che molti residenti della Val di Sole e della Val Rendena abbiano paura, è comprensibile che una parte politica (quella che oggi è al governo a Trento e a Roma) soffi sul fuoco dello scontento. In Italia e in Europa succede lo stesso per i migranti, per la disoccupazione, per l’età della pensione dei francesi. Figuratevi se non può accadere per gli orsi!

Un boicottaggio del Trentino e dei suoi prodotti, al punto in cui siamo, spingerebbe anche i trentini più miti a chiudersi. Li farebbe gettare sempre più tra le braccia di una politica localista e xenofoba che indica come responsabili i funzionari e gli ambientalisti che vivono a Roma o a Bruxelles, e magari i personaggi dello spettacolo che si sono schierati contro la morte dell’orsa JJ4. Tutta gente, vuole la narrativa locale, che entra in un bosco solo un paio di volte ogni anno, e magari soltanto su un fuoristrada o su un quad.

Negli scorsi decenni, tante volte, mi sono battuto contro la costruzione di nuovi impianti di risalita, nuove zone residenziali e nuove piste da sci sull’Appennino e sulle Alpi. L’ho fatto perché da cittadino del mondo so che quei luoghi appartengono anche a me, come il Colosseo e Venezia sono anche “proprietà” dei trentini

Ogni volta che ho discusso di questi temi con altri ambientalisti di città ho sostenuto che con la gente del posto era necessario confrontarsi. E che gli escursionisti, gli alpinisti, gli appassionati delle ciaspole e della bici, tutti quelli che preferiscono vivere la montagna senza doverla prima sfasciare dovevano andare in quei territori, spendere lì i loro soldi, far vedere alla gente del posto che la natura ha un pubblico e un valore.

Continuo a pensarla in quel modo per le zone appenniniche e alpine oggi esposte a progetti inutili, costosissimi, velleitari e dannosi, dall’Altopiano delle Rocche al Comelico e dal Terminillo alla Val d’Ayas. La stessa cosa, esattamente la stessa, dev’essere fatta nelle valli del Trentino dove il ritorno dell’orso e del lupo hanno creato paura, problemi economici e rabbia.

Noi escursionisti e ambientalisti di città, noi giornalisti, autori televisivi e influencer (brutta parola, ma tant’è) dobbiamo andare in Trentino, spiegare agli albergatori e agli altri residenti che la presenza dell’orso nei loro boschi ci affascina, che vogliamo andarci seguendo tutte le regole di comportamento necessarie, e magari insieme a delle guide locali preparate.

La natura ben conservata e gli animali creano emozioni e reddito a Cogne, a Civitella Alfedena, a Yellowstone e in Costa Rica, e possono farlo (anzi, continuare a farlo) anche ai piedi dell’Adamello e delle meravigliose Dolomiti di Brenta.

Quando siamo in città, tra un viaggio e l’altro verso i monti, dobbiamo chiedere alla politica europea, nazionale e locale di non soffiare sul fuoco, e di spiegare fino alla noia i comportamenti da seguire a visitatori e residenti. Dobbiamo e possiamo vigilare affinché siano pagate sull’unghia ai montanari tutte le compensazioni necessarie, dai cani da guardiania alle recinzioni e ai rimborsi per le pecore, le vacche e i polli abbattuti. E poi, quando siamo lontani, non facciamoci mancare il marzemino e il teroldego, il puzzone di Moena e la polenta di Storo, il miele e gli altri ottimi sapori del Trentino!