Tra meno di due mesi il Gran Sasso e l’Abruzzo celebreranno un anniversario importante. Il 19 agosto del 1573, esattamente 450 anni fa, l’ingegnere militare bolognese Francesco De Marchi, insieme a due amici e ad alcuni “chiacciatori di camoccie” di Assergi, è salito sui 2912 metri del Corno Grande, compiendo uno dei primi exploit della storia dell’alpinismo europeo.

L’indomani, il sessantanovenne De Marchi è sceso nella profonda Grotta a Male (o Amare), che si apre a un paio di chilometri dal borgo. Qualche anno fa sono sceso anch’io in fondo alla Grotta, che dopo una parte elementare offre un itinerario facile ma riservato a speleologi esperti e correttamente attrezzati, e accoglie alla fine con una cascata e un laghetto. Pochi giorni or sono sono tornato a vedere l’imbocco. Che tristezza!

Il sentiero che sale alla Grotta dalla valle del Vasto e dal Sentiero Italia è nascosto dalla vegetazione, non ci sono cartelli né lì né sul breve tracciato che arriva dalla Fonte della Pietà. Il magnifico antro iniziale, in cui si scende per una comoda scala, è occupato da un vecchio ed enorme cantiere, con tubi, carrucole ecc. installati (credo) decenni fa per uno scavo archeologico. Il soffitto di plastica e metallo che chiude la grotta (ma perché?) è ricoperto di vegetazione caduta.

Caro Parco Gran Sasso-Laga, cara Regione Abruzzo, è possibile ripulire almeno un po’ questo schifo? Perché non togliete le tante porcherie abbandonate negli anni (gli edifici della Fossa di Paganica, gli impianti di Prato Selva…) sul massiccio più alto e più bello dell’Appennino?

L’Abruzzo e il Parco non hanno festeggiato i centenari della prima ascensione del Paretone (1922-2022) e della prima salita scialpinistica del Corno Grande (1923-2023), e temo che anche la meravigliosa avventura di 450 anni fa di Francesco De Marchi sul “Corno Monte” verrà bellamente ignorata. Al di là degli anniversari, però, la Grotta a Male (o Amare) è uno straordinario monumento naturale e storico, e meriterebbe di essere conservata con più rispetto