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Qualche settimana fa, con un amico, sono tornato nella magnifica Valle delle Cento Cascate, Fosso dell’Acero sulle mappe, dove scroscia uno dei torrenti più spettacolari della Laga. Era domenica, c’era il sole, e a godersi lo spettacolo dell’acqua, delle fioriture, delle faggete e della catena ancora innevata del Gran Sasso c’erano centinaia di persone.

Negli scorsi decenni, con articoli e guide, ho contribuito a promuovere la zona. La presenza di tanti escursionisti, che è anche un’opportunità di lavoro per gli accompagnatori di media montagna dell’Abruzzo e per i ragazzi dello Chalet 100 Fonti Rent Bike, mi ha fatto molto piacere. Ho incontrato decine di conoscenti e di amici, e anche quelli sono stati dei bei momenti.

Non tutto è stato positivo, però. Oltre il limite del bosco, dove la pendenza del versante diminuisce e ci si avvicina alla conca delle Cento Fonti, il torrente si divide in più rami, si corica e sembra meno insidioso che in basso. Lì ho visto escursionisti avvicinarsi troppo all’acqua, o guadare il torrente principale sull’orlo di un salto ripido. Insomma, rischiare inutilmente la pelle.

Per anni, nei miei scritti dedicati alle Cento Cascate e alla Laga (c’è una descrizione aggiornata del sentiero anche nella sezione Itinerari del sito), ho invitato a fare la massima attenzione, perché l’acqua che scorre sull’arenaria di queste montagne può essere un’insidia mortale.

Quasi ogni anno, purtroppo, qualche escursionista tenta un guado all’apparenza innocuo, scivola e viene trascinato a valle. Le conseguenze sono quasi sempre mortali, ma non tutti purtroppo se ne rendono conto in tempo.  

Una volta tornato a Roma, su Facebook, ho scoperto un consiglio sbagliato, e a darlo era un escursionista conosciuto. “Per raggiungere la Cascata della Volpara” scriveva questo signore, “c’è da attraversare qualche guado che in primavera potrebbe essere necessario affrontare scalzi”.

Sicuro che sia un consiglio corretto? Nel dubbio sono andato a dare un’occhiata su Walking Softly in the Wilderness, il manuale di escursionismo del Sierra Club americano. Un’associazione i cui soci sono molto più abituati di noialtri europei ad attraversare ruscelli e torrenti privi di ponti.  

“Molti guadi sono davvero innocenti. Ma può essere davvero pericoloso attraversare un torrente pieno d’acqua e veloce, come quelli che si possono incontrare nel disgelo primaverile” spiega John Hart, l’autore del manuale. “Non provate ad attraversare il letto sassoso di un torrente a piedi nudi. Per un camminatore, ferirsi a un piede o farsi male a un dito del piede è una cattiva notizia. E non tentate di lanciare gli scarponi al di là di un corso d’acqua”.

Ora, gli affluenti che scendono verso il Fosso della Montagna (che scende dalla Volpara, e riceve prima delle case di Umito l’acqua della cascata delle Prata) non sono particolarmente impetuosi. Qualche ruscello dal fondo sabbioso può essere anche guadato a piedi nudi. Alla fine però, con l’acqua abbondante della primavera, s’incontrano dei torrentelli impetuosi, dove è bene non fare stupidaggini.

L’unico consiglio sensato, in questi casi, non è quello di lanciarsi nell’acqua a piedi nudi. “Alcuni escursionisti traversano i guadi senza cambiarsi, e poi lasciano asciugare scarponi e calze camminando. Altri indossano delle scarpe da tennis, o si tolgono le calze per guadare indossando i soli scarponi” spiega Walking Softly in the Wilderness.

La logica di questo consiglio è duplice. Gli scarponi (sia di materiale sintetico sia di cuoio) si asciugano molto più rapidamente delle calze, e una buona suola sotto al piede è decisamente più sicura del piede nudo. Aggiungo che, invece delle “scarpe da tennis” citate da John Hart, è possibile utilizzare un paio di sandali con la suola scolpita, prodotti dalla Teva o da un’altra marca, che garantiscono tenuta al piede tra sassi e roccia. La protezione contro gli infortuni del piede, va detto, è inferiore a quella dello scarpone chiuso.

A suggerirmi la tecnica dello scarpone senza calze, molti anni fa, è stato un amico famoso. Si chiama Marcello Cominetti, è una guida alpina genovese che lavora da decenni in Alto Adige. E’ stato decine e decine di volte in Patagonia, dov’è stato il primo professionista della storia a salire il difficilissimo Monte FitzRoy con un cliente.

Grazie a Marcello, e insieme a un suo gruppo, nelle andate e ritorno verso il Paso Marconi e il Paso del Viento ho traversato fiumi e torrenti mai ripidi, ma a volte profondi e dalla corrente veloce, come quello che vedete nella foto. Scarponi ai piedi, calzettoni nello zaino, a volte con i bastoncini in mano e a volte senza, perché l’acqua veloce può spostare le punte e far cadere. Mi sono gelato i piedi, non ho mai corso dei rischi, negli anni successivi ho utilizzato e insegnato ad amici la tecnica giusta sulle Dolomiti, in Georgia e nel Mustang.

Posso ricapitolare i consigli? Guadate i ruscelli con gli scarponi (o i sandali) e senza calze, entrate con i piedi nudi solo in corsi d’acqua bonari e di cui vedete chiaramente il fondo. E non mettete, mai e poi mai, un piede nel torrente delle Cento Cascate o degli altri torrenti più veloci e impetuosi della Laga. Buona montagna!