I quotidiani online di ieri e quelli cartacei di oggi contengono una notizia fasulla. I titoli sulla “riapertura degli impianti da sci il 18 gennaio” non riflettono affatto quanto ha detto ieri il ministro Speranza.
L’unica notizia certa è il prolungamento della chiusura fino a quella data. Poi si vedrà, se la curva dei contagi tornerà sotto controllo, se le Regioni interessate saranno gialle, rosse o arancione, e soprattutto (e non è affatto scontato) se Regioni e impiantisti troveranno delle regole condivise con il CTS.
Intanto, ancora sui quotidiani di oggi, campeggiano le indiscrezioni su possibili zone gialle “rafforzate” o sulle zone rosse nei weekend. La colpa della probabile risalita dei contagi, oltre che di qualche riunione familiare esagerata e di eventuali veglioni clandestini, sta nella scelta del Governo di consentire settimane di shopping affollato. Nello stesso periodo, lo ricordo, si è scelto di vietare la montagna e la natura a chi non ce l’ha sulla porta, o non possiede una seconda casa.
Spero con tutto il cuore di sbagliarmi, ma ho l’impressione che la montagna e la natura resteranno sbarrate ancora a lungo. E sono certo che l’idea di consentire agli italiani “l’altra neve”, cioè tutte le attività (ciaspole, fondo, scialpinismo…) che non prevedono momenti affollati, non verrà mai presa in considerazione.
Una scelta presa alla faccia di tutti coloro, da Paolo Cognetti a Reinhold Messner, new entry la campionessa di fondo Stefania Belmondo, che propongono da mesi di consentire, se non sarà possibile riaprire le piste di discesa, di frequentare la montagna (e la collina, e le aree verdi di pianura e delle coste) in maniera naturale e distanziata.
Chi ci governa, a Roma e nelle Regioni, sembra ignorare che queste attività portano salute e benessere a milioni di italiani, e che possono portare qualche euro a territori già duramente colpiti. L’Organizzazione Mondiale della Sanità spiega che per star bene bisogna camminare, correre o andare in bici almeno 3-4 volte a settimana. Al nostro Ministero della Salute, però, sembrano aver aggiunto la postilla “solo in città, o in un centro commerciale”.
Credo che non si tratti di odio, ma soprattutto di ignoranza. Anche i politici hanno diritto alla privacy, ma ho l’impressione che nei fine settimana dei signori Conte, Speranza, Boccia e Di Maio, e di molti leader regionali, ci sia spazio per sveglie sul tardi, vassoi di paste, partite di calcio (magari in tribuna d’onore) e riunioni di partito, ma non per un po’ di sana fatica nella natura.
Quando il premier ha dichiarato con aria infastidita a Lilli Gruber che “tutto ciò che ruota attorno alle vacanze sulla neve è incontrollabile”, per poi mettere sullo stesso piano sci e tombolate, ha dato l’impressione di conoscere la neve solo attraverso i cinepanettoni, e non in maniera diretta.
Non è sempre stato così. Nel 1863, sui 3841 metri del Monviso, la politica italiana ha incontrato l’alpinismo quando Quintino Sella, futuro Ministro delle Finanze, ha deciso di fondare il Club Alpino Italiano. Con lui, insieme a sei piemontesi, era il calabrese Giovanni Barracco.
Più tardi il rapporto tra l’Italia “ufficiale” e la montagna si è rafforzato grazie alle esplorazioni del Duca degli Abruzzi, e alle battaglie degli alpini durante la Grande Guerra. Tra il 1943 e il 1945, la montagna è stata il luogo della Resistenza, dove si è formata una nuova classe dirigente.
Negli anni Ottanta, dei politici che non disdegnavano lo zaino e gli scarponi hanno contribuito a bloccare le speculazioni che minacciavano i Sibillini e il Gran Sasso, e a far nascere la nuova Italia dei Parchi.
Oggi tutto questo sembra svanito nel nulla. Nessuno ha mai preso sul serio i “terrapiattisti”, che considerano ridicola o criminale l’idea di un pianeta sferico. Al potere, però, abbiamo gli “italiapiattisti”, che guardano con fastidio e sospetto all’Italia dei boschi, delle rocce e della neve, a tutto ciò che è diverso dalle città e dalle spiagge.
In questa situazione dolorosa e assurda (le montagne, ci spiegano i geografi, sono circa la metà dell’Italia), mi permetto di dare un consiglio ai tanti amici che fanno la guida alpina, e che in questo periodo non hanno molto lavoro. Perché non proporre a uomini e donne di governo, a Roma e nelle varie Regioni, una mezza giornata alla scoperta di valli, boschi e altopiani innevati?
Non c’è bisogno di fare cose difficili, basta una camminata con le ciaspole, e in questi giorni il paesaggio è incantato dappertutto. Per arrivare sui Simbruini o in Abruzzo, da Palazzo Chigi o da Montecitorio, alla velocità di un’auto blu, basta mezza giornata tra andata, camminata e ritorno. Sarebbe un ottimo investimento, e potrebbe avere conseguenze importanti.
Qualche decennio fa, un altro potente che viveva sulle rive del Tevere amava fare proprio questo. Lasciava la città in incognito per andare a camminare o a sciare in Abruzzo. Quando l’età non glielo ha più consentito ha continuato ad andarci per ammirare la bellezza del mondo e pregare. Si chiamava Karol Woytjla. Ma lui, va detto, giocava in un campionato diverso.