Silvio Mondinelli, più noto come Gnaro, ha salito centinaia di vette in tutto il mondo. Tra queste i 14 “ottomila” del Karakorum e dell’Himalaya, raggiunti uno dopo l’altro, senza ossigeno supplementare, tra il 1994 e il 2007.
Il 13 settembre 2025, Gnaro ha visitato il Monte Bertona, nel versante orientale del Gran Sasso, aggiungendo alla sua collezione un elegante torrione, fino a oggi senza nome, che si affianca a un’alta parete calcarea. La sera prima, nell’aula dell’Oasi di Penne, l’alpinista aveva raccontato le sue avventure a un pubblico attento e competente, che includeva guide alpine e istruttori CAI.
Per il torrione scavalcato da Gnaro passa la nuova Ferrata Bertona, 250 metri di sviluppo e poco più di 100 di dislivello, realizzata con i fondi del PNRR da una “cordata” che comprende i Comuni di Montebello di Bertona, Farindola e Arsita, il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e la Cooperativa Cogecstre, che gestisce da decenni la Riserva naturale regionale (e Oasi WWF) del Lago di Penne.
A disegnare la nuova ferrata è stata la guida alpina Gino Perini. A ideare l’operazione è stato Fernando Di Fabrizio, naturalista, filmmaker, ex-alpinista e presidente di Cogecstre. “La ferrata è una delle 14 iniziative che abbiamo preso rilanciare la zona. Hanno partecipato all’inaugurazione circa 200 persone, tutte esperte e ben attrezzate, che sono arrivate dall’Abruzzo e da più lontano, incluse Bergamo, Verona Matera e Malta” racconta Di Fabrizio. La foto si riferisce a quel giorno.
Felici dell’iniziativa anche il sindaco di Montebello Gianfranco Macrini e Tommaso Navarra, Presidente del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, di cui la zona è la “porta” verso l’Adriatico. “La ferrata è bellissima, e se l’intento di chi l’ha realizzata era di incentivare il turismo c’è riuscito benissimo” ha scritto e su Facebook Paolo Mariani, alpinista di Penne.
Ma la ferrata del Bertona non è piaciuta a tutti. Tre giorni prima dell’inaugurazione, il sito aquilano Newstown.it ha pubblicato un duro attacco firmato da Massimo Tudini e Mario Marano Viola, responsabili di Mountain Wilderness per l’Abruzzo. L’indomani, il documento è stato ripreso dal TG3 Abruzzo della RAI.
A dare peso alle parole di MW è stata la firma di Giampiero Di Federico, guida alpina e simbolo dell’alpinismo sul Gran Sasso. Un ambientalista doc, che ha partecipato anni fa alle manifestazioni per salvare i massicci abruzzesi, alla spedizione Free K2 e alla contestazione, insieme a Reinhold Messner della telecabina della Vallée Blanche.
Le critiche sono ovviamente legittime, ma alcuni punti meritano una riflessione. MW Abruzzo cita Carlo Alberto Pinelli, fondatore dell’associazione, secondo il quale le ferrate tolgono a chi le frequenta “la libertà di decidere il proprio itinerario”, e “non ci liberano dai condizionamenti urbani”.
Considerazioni giuste, ma che forse vanno utilizzate per i grandi itinerari attrezzati alpini (Via delle Bocchette del Brenta, Alleghesi della Civetta, cresta Ovest della Marmolada…), e stonano se adoperate contro un itinerario su una piccola parete che non può essere certamente definita “wilderness”.
Credo che in alcune situazioni – il Monte Bertona, ma anche il Terminillo, nel Lazio, dove chi amministra il territorio pensa solo a nuovi impianti di risalita – anche una ferrata può essere un passo nella direzione giusta.
Giampiero Di Federico è un amico, è un grande alpinista, è persona più che autorevole quando si parla di montagna e natura. Giorni fa, discutendo di questo problema, mi ha spiegato che secondo lui in Abruzzo stanno nascendo troppe ferrate. Ma è proprio così?
Secondo il sito Ferrate365.it in Italia esistono 440 vie attrezzate, che per altre fonti salgono a poco più di 500. Tra queste 76 sono in Lombardia, 43 in Piemonte, 23 nella piccola Valle d’Aosta. Il grosso, ben 243, è sulle Dolomiti e dintorni, tra Alto Adige, Trentino, Veneto e Friuli.
Ce ne sono ben 5 in Basilicata (dove abbondano ponti “tibetani” e “voli dell’angelo”), 20 tra Emilia, Romagna e Toscana. E in Abruzzo? Ferrate365.it conta solo le cinque storiche del Gran Sasso (Ventricini, Danesi, Ginepri, Ricci, Bafile) più il Sentiero del Centenario, pochissimo attrezzato e da anni in abbandono.
A queste, negli ultimi anni, si sono aggiunti i due brevi sentieri attrezzati del Passo del Cannone (Gran Sasso) e delle Murelle (Maiella), più uno di bassa quota a Pennapiedimonte. Certo, anche una sola ferrata può essere di troppo, ma una decina in tutto l’Abruzzo non dovrebbero far gridare allo scandalo.
La modesta opinione di chi scrive è che per qualche altro progetto simile alla ferrata del Bertona ci sia spazio, soprattutto in zone dell’Abruzzo dove il turismo di montagna e l’escursionismo sono poco presenti. Ai Parchi, al CAI, agli ambientalisti, ai social e a chi scrive per mestiere di montagna il compito di vigilare contro i veri – e sempre possibili! – scempi.
Qualche anno fa, dopo il restauro delle storiche ferrate del Gran Sasso, gestito dal Parco con fondi regionali, si è parlato di prolungare la ferrata del bivacco Bafile verso la Vetta Orientale del Corno Grande. Sarebbe stato uno scempio, negli ambienti più maestosi e selvaggi del Gran Sasso. Perché Mountain Wilderness Abruzzo non lo ha mai denunciato?
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